Secondo il concetto buddista, la vittoria sulle passioni e lo stato perfetto di felicità si ottengono con la soppressione di tutti i desideri e la “pace dei sensi”; il pensiero cristiano, però, è molto diverso. Infatti, secondo l’Evangelo, essere veri seguaci di Cristo non vuol dire sopprimere i desideri come se tutti i moti dell’animo umano fossero peccaminosi, ma piuttosto desiderare ardentemente di uscire dal marasma della morte spirituale, per poi proseguire e sviluppare una genuina fede in Cristo il Signore. Bisogna, quindi, possedere un desiderio profondo e sincero per una vera “intimità” con Dio.

UN TERMINE BIBLICO
Nel Nuovo Testamento è usato un termine il cui significato è l’opposto della soppressione dei desideri ed è: “… desiderare ardentemente …” (I Corinzi 12:31), che può essere tradotto anche “coltivate con zelo”. Sta ad indicare la premura e l’assiduità per qualche cosa, oppure “la brama”, cioè il desiderio intenso.
Questo termine esprime esattamente il desiderio profondo del credente per il nutrimento spirituale, per i doni e le grazie dello Spirito Santo. L’assenza di desiderio nella vita cristiana è, infatti, un segno di infermità dell’anima.
L’opera che Dio compie nel credente, quando questi accetta Gesù Cristo come Salvatore e si impegna a seguirLo come Signore della propria vita, è quella di ristabilire l’ordine, di guarire le “deviazioni dei sensi”, di donare nuovamente la salute spirituale. Dio non sopprime i “desideri”, perché in tal caso l’individuo diverrebbe insensibile, ma soltanto quei “desideri insani” che la Bibbia chiama “concupiscenze” e passioni.

FORME PATOLOGICHE
Quando accettiamo per fede la grazia di Dio in Cristo, avviene questo miracolo di trasformazione in conseguenza del quale i nostri desideri saranno sottomessi all’azione preziosa ed insostituibile dello Spirito Santo, che prenderà il controllo dei nostri sentimenti. Il credente, ad esempio, sarà liberato dalla “gelosia” che è una forma patologica dell’amore. Il cristiano sarà liberato inoltre dalla tirannia del desiderio illegittimo, che si manifesta come passione e infiamma l’individuo distruggendone la felicità. Il decimo comandamento afferma: “Non concupire la casa del tuo prossimo; non concupire la moglie del tuo prossimo, né il suo servo, né la sua serva, né il suo bue, né il suo asino, né cosa alcuna che sia del tuo prossimo” (Esodo 20:17). Il termine “concupire” è ormai soltanto un’espressione letteraria arcaica, che non vuol dire soltanto desiderare, ma desiderare con passione, bramare. Si tratta di un desiderio illegittimo di possesso. Dio smaschera così questo nemico crudele della serenità umana con l’imperativo “non concupire”, non desiderare con passione, non bramare illegittimamente.

UNA TRIPLICE TIRANNIA
Oggi più che mai la tirannia delle passioni è incoraggiata dall’avvento della pubblicità. Questa, utilizzando i penetranti mezzi di comunicazione di massa: la stampa, la televisione, le affissioni e la radio, violentano lo spirito umano, stimolando un illegittimo desiderio di possesso che si trasforma appunto in tirannide. Questi “persuasori occulti” sono come un “virus” che spande ovunque la brama delle passioni.
La “concupiscenza” trova il suo terreno prediletto in tre aree ben definite, quella del desiderio sessuale, quella della personalità e quella del possesso di beni terreni.
Dare sfogo a tutti gli istinti, le passioni e le sregolatezze il più liberamente possibile, sembra sia il messaggio di un certo tipo di pubblicazioni, di spettacoli e generi musicali. Siamo bombardati quotidianamente da pubblicità e messaggi che stimolano la sensualità. Purtroppo, questi stimoli sono ricevuti da milioni di bambini, i quali sono contaminati da una febbre peccaminosa che spinge alla violenza ed alla droga, e molti purtroppo sono quelli che cadono nella trappola, divenendo così schiavi ignari e succubi della divinità malvagia e pretenziosa che è la sensualità.
Un altro terreno su cui facilmente attecchisce la “concupiscenza” è il desiderio illegittimo e smodato di riuscire ad ogni costo ad avere successo, anche se questo vuol dire dimenticare i più elementari principi del vivere civile. Per arrivare a diventare qualcuno, essere ammirati ed attrarre l’attenzione, si è disposti a pagare qualsiasi prezzo. Una popolarità, questa, alla quale bisogna sacrificare la propria serenità e spesso anche quella degli altri, calpestando tutto e tutti pur di raggiungere lo scopo. Tutto è sacrificato sull’altare di quell’”idolo” spaventoso che si chiama orgoglio umano. Questa tirannia a cui è soggetto l’animo umano può rendere schiave persone di tutte le età. Il giovane vuole «bruciare le tappe” per arrivare ad essere qualcuno, l’uomo di mezza età vuole detenere e consolidare la propria posizione di prestigio, l’uomo di età più avanzata non vuole cedere il passo a chi viene dopo. La terza forma di concupiscenza è quella della “cupidigia”, vale a dire il desiderio sfrenato di possedere e detenere beni materiali. E’ sorella dell’avarizia, “la radice dì tutti i mali”. Si brama possedere e si sa d’essere posseduti e controllati da un “padrone” tirannico e crudele, che mantiene i suoi sudditi nel continuo terrore di perdere ciò che possiedono. Spesso ci s’illude dicendo a sé stessi che tutti questi “sforzi” sono per un’opera caritativa ed umanitaria… In realtà, è un ragionamento falso e capzioso. Certamente si lasceranno i propri beni perché con la morte si lascia tutto. Coloro che rimandano di fare il bene a dopo la propria morte, in realtà dimostrano che se fossero rimasti in vita non avrebbero donato nulla.

LE CONSEGUENZE
La “concupiscenza» è maliziosa perché distrugge la felicità. Chi è controllato da quest’ansia malefica non trova requie ed è in continuo travaglio. Questa febbre materiale se non guarita in tempo spinge sempre più in basso. Esiste poca distanza tra la “concupiscenza», la seduzione, la menzogna, la truffa, il furto «legale» ed “illegale” e la violenza in tutte le sue forme.
infine, la concupiscenza è perniciosa perché occupa il posto che spetta a Dio nel cuore umano. Chi è controllato da questo “demone” non si rivolge più al Signore, anche se continua a manifestare una forma esteriore di pietà religiosa. Per questo la Bibbia afferma che “… la concupiscenza … è idolatria” (Colossesi 3:5).

LA LIBERAZIONE
Si è visto che il decimo comandamento divino denuncia la “concupiscenza”, ma non ci suggerisce il mezzo per sfuggirla, né il rimedio per guarirne. La liberazione si trova nel perdono e nella salvezza offertaci da Cristo: “E quelli che son di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e le sue concupiscenze” (Galati 5:24).
Con la “nuova nascita” in Cristo, lo Spirito Santo viene a dimorare nel credente, e con il battesimo nello Spirito Santo il credente ha la possibilità di cedere il controllo dei propri desideri a Dio. La potenza dello Spirito Santo si esprime praticamente con una vita vittoriosa e permette di attuare l’ordine:”… Camminate per lo Spirito e non adempirete i desideri della carne” (Galati 5:16). Ecco il segreto: seguire i suggerimenti che lo Spirito Santo fornisce al credente, perché non sono indicazioni teoriche, ma contengono già la potenza per l’attuazione nella propria esperienza quotidiana. “Poiché quelli che son secondo la carne, hanno l’animo alle cose della carne; ma quelli che son secondo lo spirito, hanno l’animo alle cose dello spirito” (Romani 8:5). La Parola di Dio presenta il metodo infallibile per ottenere non la «soppressione dei desideri», ma il controllo delle passioni “insensate e funeste”

ECCO LE REGOLE DA SEGUIRE:
a. Rivestirsi dì Cristo, cioè permettere a Gesù Cristo di avere l’assoluta signoria della nostra vita, permettendo allo Spirito Santo di controllare e guidare i nostri sentimenti e le nostre scelte.”…rivestitevi del Signor Gesù Cristo, e non abbiate cura della carne per soddisfarne le concupiscenze” (Romani 13:14);
b, Rinunciare, vale a dire prendere una decisione ben precisa, cioè quella di abbandonare volontariamente le cose dubbie e dedicarsi a Dio. “Poiché la grazia di Dio, salutare per tutti gli uomini, è apparsa e ci ammaestra a rinunziare all’empietà e alle mondane concupiscenze, per vivere in questo mondo temperatamente, giustamente e piamente” (Tito 2:11, 12);
c. Non conformarsi al mondo che ci circonda, ricordando che apparteniamo a Dio e alla Sua famiglia.”… Come figliuoli d’ubbidienza, non vi conformate alle concupiscenze del tempo passato quando eravate nell’ignoranza” (I Pietro 1:14);
d. Astenersi, cioè non avvalersi di motivazioni e tendenze negative dell’animo umano. “Diletti, io v’esorto come stranieri e pellegrini ad astenervi dalle carnali concupiscenze, che guerreggiano contro l’anima” (I Pietro 2:11);
e. Far morire queste passioni malvagie, non riconoscendole come positive e considerandole ormai sconfitte dai sentimenti di purezza, giustizia e santità. “Fate dunque morire … fornicazione, impurità, lussuria, mala concupiscenza e cupidigia, la quale è idolatria” (Colossesi 3:5).