Questa domanda ci è stata posta da numerosi lettori, i quali ritengono che la celebrazione della Cena del Signore avvenga troppo di rado nelle nostre comunità, e spesso in seguito ad una insindacabile decisione dei pastori e dei consigli di chiesa.
Il problema esiste, e nonostante che tutti riconoscano la necessità di celebrare la Cena del Signore più spesso si fa poco o nulla per cambiare.

I MOTIVI
Il motivo fondamentale che spiega questa situazione è da ricercare nel fatto che le nostre chiese sono sorte dal risveglio evangelico pentecostale e in Italia sono composte in massima parte da membri di estrazione cattolico-romana, anche se in maggior parte non sono ex professanti. Questi, una volta convertiti a Cristo mediante l’Evangelo, hanno voluto recidere ogni legame con le tradizioni liturgiche, desiderando rimanere saldi sulla libertà in Cristo senza lasciarsi “di nuovo porre sotto il giogo della schiavitù” del formalismo. Per questa ragione, fin dall’inizio hanno evitato qualsiasi celebrazione sistematica della Cena del Signore, perché poteva facilmente essere ricollegata alla tradizionale partecipazione al rito eucaristico.

LA GIUSTIFICAZIONE TEOLOGICA
Prima dell’adesione all’Evangelo i credenti erano abituati, ad un rito quotidiano che rappresentava un mezzo forse psicologicamente valido di liberazione dai peccati, nei quali però si ricadeva con estrema facilità. Si ritenne così che l’autoesame, del quale parla la Sacra Scrittura, da compiersi in occasione della “Cena” doveva essere scrupoloso, severo e non formale ed abitudinario. Ciò con la lodevole intenzione di non accostarsi indegnamente al pane ed al calice del Signore, attitudine che avrebbe reso i credenti colpevoli “… verso il corpo ed il sangue del Signore” (I Corinzi 11:27).
Si ritenne perciò che la Cena del Signore non dovesse essere celebrata con regolarità, in una data stabilita, e neppure di frequente perché questo metodo poteva spingere i credenti ad un autoesame superficiale e quindi consuetudinario.

LA GIUSTIFICAZIONE ETICA
La logica conseguenza del motivo appena esposto è stata quella di ritenere che soltanto una comunità unita, in pace, senza problemi, nella quale poteva manifestarsi il “pari consentimento”, si trovava nella condizione di poter celebrare la Cena del Signore. Quando questa situazione “ideale” non era realizzabile si rimandava la celebrazione. In certi momenti di crisi, per ragioni dottrinali interne, qualche comunità non ha celebrato la Cena del Signore anche per anni.
Tutti questi motivi, anche se dettati dal sincero desiderio di aderire con rigore all’insegnamento della Scrittura e quindi degni di considerazione, non trovano, però, un riscontro obiettivo nel Nuovo Testamento, anzi in alcuni casi, hanno alimentato una pericolosa forma di legalismo.
Tuttavia, bisogna ammettere che le preoccupazioni delle giovani comunità evangeliche pentecostali possono risultare comprensibili se valutate in base alle circostanze storiche.

L’INSEGNAMENTO DELLA SCRITTURA
La descrizione dell’istituzione della Cena del Signore contenuta nei Vangeli, nel passaggio in cui si riferisce alla periodicità della celebrazione, si esprime con questa frase ricca di significato pronunciata da Gesù stesso: “… fate questo in memoria di me” (Luca 22:19). Nel resto del Nuovo Testamento troviamo i seguenti riferimenti all’argomento: i primi cristiani “…erano perseveranti nell’attendere all’insegnamento degli apostoli, nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere” (Atti 2:42);
“E tutti i giorni, … rompendo il pane nelle case, prendevano il loro cibo assieme con letizia e semplicità di cuore” (Atti 2:46);
“E nel primo giorno della settimana, mentre erano radunati per rompere il pane, …” (Atti 20:7);
“Poiché ogni volta che voi mangiate questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore, finch’egli venga” (I Corinzi 11:26).
In merito ai suddetti testi biblici si possono fare le seguenti considerazioni:
a. Gesù stesso ha ordinato di celebrare la “Cena” come memoriale della Sua morte, risurrezione e come attesa del Suo imminente ritorno;
b. I credenti di Gerusalemme inizialmente celebravano ogni giorno la Cena del Signore, che definivano “rompere il pane”;
c. In seguito, almeno nei casi citati, la Chiesa sembra aver celebrato la Cena del Signore ogni primo giorno della settimana;
d. La celebrazione domenicale non era obbligatoria. Infatti, nel caso della chiesa di Corinto, non se ne fa menzione, anche se veniva certamente celebrato un culto domenicale (I Corinzi 16:2);
e. La frase “… ogni volta che voi mangiate …” (I Corinzi 11:26) sembra lasciare la regolarità della celebrazione all’iniziativa della comunità locale, sottolineando che la periodicità è legata all’amore verso il Signore e all’attesa del Suo imminente ritorno.

LA PRATICA DELLE CHIESE
A parte i tradizionali riti eucaristici che non hanno nulla in comune con il rompere il pane” del Nuovo Testamento, le varie chiese evangeliche che si fondano sulla Parola di Dio seguono metodi diversi riguardo alla periodicità della celebrazione della Cena del Signore. Le comunità che adottano la consuetudine delle chiese evangeliche inglesi celebrano la Cena del Signore ogni domenica. Tra queste, le Chiese dei Fratelli, le Assemblee di Dio britanniche e quelle francesi.
Le Chiese Valdesi, Metodiste e Battiste, come anche la maggioranza delle chiese evangeliche ed anche le Assemblee di Dio in America, celebrano la Cena del Signore ogni prima domenica del mese. La nostra posizione dunque, a questo riguardo, è veramente unica. Tuttavia, l’aderenza all’insegnamento biblico non impone una periodicità fissa, ma almeno consiglia la celebrazione ravvicinata, che possa esprimere il profondo amore per Gesù Cristo e per la Sua opera redentrice, unitamente ad una ardente attesa della “beata speranza e l’apparizione della gloria del nostro grande Iddio e Salvatore, Cristo Gesù” (Tito 2:13).

DUE EQUIVOCI DA CHIARIRE
il motivo più importante, che spesso è la causa del ritardo della celebrazione della Cena del Signore, è quello etico. Si continua a credere che la comunità locale debba essere esente da problemi e si debba trovare in una posizione ideale di comunione e di consacrazione. Il richiamo della Parola di Dio è alla consacrazione e comunione individuali; infatti, è scritto; “Or provi l’uomo se stesso, … se esaminassimo noi stessi,…
(1 Corinzi 11:28, 31). Gesù stesso afferma: “Se dunque tu stai per offrire la tua offerta sull’altare, e quivi ti ricordi che il tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia quivi la tua offerta dinanzi all’altare, e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello; e poi vieni ad offrir la tua offerta” (Matteo 5:23, 24). È evidente da tutto l’insegnamento della Scrittura che l’auto-esame è fondamentale ed inoltre, esiste la disciplina della chiesa per disordinati, i reprobi, gli intriganti e per quanti fomentano divisioni e sostengono dottrine errate.
L’altro equivoco da chiarire è quello dell’astensione dalla Cena del Signore di coloro che si reputano indegni, i quali non partecipano per non essere giudicati.
Nella maggior parte dei casi si tratta di credenti che non sono disposti a perdonare e che preferiscono rimanere con il proprio cruccio e la propria amarezza.
Questo atteggiamento di rigore apparente, che vorrebbe rivelare un alto grado di spiritualità, evidenzia, invece, risentimento e ribellione. L’umiltà e la coerenza cristiane ci inducono a mettere in pratica la norma biblica: “… il sole non tramonti sopra il vostro cruccio … Sia tolta via da voi ogni amarezza, ogni cruccio …” (Efesini 4:26, 31). E’ necessario ricercare il fratello offeso ed accostarsi alla Tavola del Signore con gioia e gratitudine. Se un credente non si reputa degno dì accostarsi alla Cena del Signore come potrà essere pronto per partecipare alle “Nozze dell’Agnello”?

COME COMPORTARSI?
Queste brevi riflessioni non possono condurci altro che ad una posizione equilibrata, che sia equidistante da quelle estreme, per evitare una partecipazione poco meditata ed abitudinaria alla Cena del Signore ed anche una celebrazione fatta tanto di rado che la svuota del suo significato più profondo. È sempre utile vivere una vita di comunione con il Signore, allora saremo tutti ispirati e predisposti a celebrare la Cena del Signore non come una festa pubblica alla quale accorrono credenti da tutte le chiese circonvicine creando certamente una preziosa occasione d’incontro che però non è aderente al carattere stesso della riunione, ma come una “festa intima”, che ogni comunità locale celebra con Cristo Gesù il Signore, il Quale ripete ai Suoi discepoli “in privato: “…Ho grandemente desiderato di mangiar questa pasqua con voi, …” (Luca 22:15).
Ci aiuti il Signore ad accostarci con gioia alla Cena del Signore “finché Egli venga”.