Talvolta, nel mondo evangelico, si tende a credere che dottrina ed emotività siano in antitesi come l’olio e l’acqua, che non possono mescolarsi. Questa posizione così definita è conseguenza del fatto che l’emotività da sola è stata per secoli legata a manifestazioni religiose di sapore “pagano”, dalle quali i credenti vengono liberati dalla potenza dell’Evangelo. Di conseguenza, un cristianesimo evangelico emotivo, dal “cuore ardente”, è visto con sospetto. La fede evangelica è stata generalmente considerata soprattutto come una faccenda di “tenace” aderenza alla “sana dottrina biblica” e null’altro. I grandi “risvegli” della storia passata e recente insegnano che i movimenti evangelici sono fondamentalmente costituiti da due tipi di cristiani: quelli dalla “mente illuminata” e quelli dal “cuore ardente”. I primi, sospendendo per un istante le loro profonde riflessioni teologiche, reputano i loro fratelli dal “cuore ardente” come dei superficiali e talvolta li guardano con sospetto. La cosiddetta “religione del cuore” è considerata soltanto una passeggera sensazione religiosa, risultato dell’emotività tipica di ambienti da “campeggio giovanile”, una inebriante esperienza ispirata dal canto di “Kum ba ya”, completamente disinteressata ad una indispensabile riflessione sulla “sana dottrina” evangelica e sui principi che da questa scaturiscono.
Al contrario, i cristiani dal “cuore ardente” se per un momento sospendono le loro ispirate manifestazioni di gioia spirituale, considerano i loro fratelli, riservati e silenziosi nell’adorare il Signore, come degli indifferenti, quasi “sviati”, colpevoli di cercare soltanto “la lettera” che “uccide” dimenticando “lo spirito” che “vivifica” (cfr. Il Corinzi 3:6).
Gli evangelici, però, non sono i soli ad opporre la “mente” al “cuore” e a suddividersi in “neo-ortodossi” e”pietisti”, in “calvinisti” e”carismatici, in “menti illuminate” e “cuori ardenti”; anche il mondo secolarizzato si divide in “razionali” e”romantici,”cerebrali” e “viscerali”.
Se sei troppo razionale ti giudicano un freddo calcolatore che paralizza ogni emozione; se esprimi troppo i tuoi sentimenti la tua vita intellettiva è bloccata.
L’errore è proprio qui: queste suddivisioni così nette non possono essere fatte senza rinnegare la realtà meravigliosa che l’uomo è l’opera d’arte di Dio ed è composto di spirito, anima e corpo (cfr. I Tessa-lonicesi 5:23). Le componenti appena introdotte, ciascuna nel proprio ruolo, esprimono nella totalità la mirabile creazione divina. In ogni tempo i teologi hanno voluto pilotare la personalità umana nel rapporto con Dio in modo innaturale ed antibiblico, creando, di volta in volta, un certo tipo di religione consone alle proprie opinioni, generalmente sorte come reazione a forme di estremismo liturgico.
Basti ricordare, ad esempio, il grande riformatore Giovanni Calvino che vietò l’uso di qualsiasi strumento musicale nel culto, come reazione alle leziose espressioni musicali liturgiche delle funzioni religiose cattolico-romane. Esiste veramente il contrasto tra “cuore” e “mente”? L’emotività può davvero essere un ostacolo alla razionalità del credente? Se l’emotività è parte della personalità umana, dovrà avere pure una ragione d’essere! Forse l’errore più comune è quello di giudicare le persone in base alle loro manifestazioni esteriori. Tutti provano delle emozioni, perché esse sono una componente della personalità umana. Alcuni le esprimono altri no. Il tipo riservato riesce a nascondere le proprie emozioni e sentimenti, il carattere estroverso invece le manifesta. V’è chi arrossisce dinanzi ad una situazione imbarazzante, dimostrando così la propria emozione, e c’è invece chi riesce a nasconderla, ma non per questo non la avverte.
In questo periodo di risveglio cristiano, cioè quando i credenti avvertono il desiderio di ritornare alla semplicità, alla dottrina ed ai metodi del cristianesimo dell’era apostolica, nel culto cristiano è apparsa di nuovo quella componente emotiva nell’adorazione a Dio con manifestazioni esteriori più o meno eclatanti. Tralasciando le testimonianze storiche dei movimenti di risveglio evangelico di ogni tempo, sarà utile accennare ad alcuni “risvegli” biblici contenuti nell’Antico Testamento.
IL RISVEGLIO DI DAVIDE
Pochi studiosi della Bibbia reputano che il termine “risveglio” possa essere usato anche per Davide, il re d’Israele, in quanto è ricordato come un gran condottiero che riuscì a riunire le tribù e a consolidare il regno. Davide stesso, però, più che condottiero volle essere ricordato come “pastore”, come il “dolce cantore” d’Israele. Il ristabilimento del culto all’Eterno inizia come un gran risveglio religioso. Non è possibile trattare i particolari entusiasmanti di questo movimento profondamente spirituale, ma basta citare il trasferimento dell’arca a Gerusalemme. I preparativi erano stati curati nei minimi particolari perché una forma liturgica impostata con toni trionfali doveva accompagnare l’arca.
Nel capitolo 15 del primo libro delle Cronache, almeno tredici versetti (dal 14 al 26) descrivono l’ordine da seguire. Tutto era veramente molto “cerebrale”, ma inaspettatamente Davide “… danzava a tutta forza davanti all’Eterno, e s’era cinto di un efod di lino. Così Davide e tutta la casa d’Israele trasportarono su l’arca dell’Eterno con giubilo e a suon di tromba” (II Samuele 6:14,15). In questo caso, l’emozione prese il sopravvento sulle strette regole del protocollo stabilito e Davide, con tutto il popolo, esprimono un sentimento di pura e spontanea lode a Dio.
Naturalmente, anche in quell’occasione vi era qualcuno pronto a giudicare irriverente una tal esplosione d’allegria. Era la “cerebrale” Mical, moglie di Davide, che, vedendolo mentre “… danzava e saltava, lo sprezzò in cuor suo” (I Cronache 15:29).
IL RISVEGLIO DI GIOSIA
Durante il regno di Giosia, re di Giuda, fu ritrovato il libro della legge del Signore, che era andato perduto nelle stanze del tempio. La riscoperta della Parola di Dio spinse al ritorno ad una forma ge-nuina dell’adorazione al Signore. Del re, Dio stesso disse: “Giacché il tuo cuore è stato toccato, giacché ti sei umiliato dinanzi all’Eterno, … giacché ti sei stracciate le vesti e hai pianto dinanzi a me, anch’io t’ho ascoltato, dice l’Eterno” (2 Re 22:19). Non si può negare che ogni vera conversione coinvolge tutte le parti della personalità umana e così anche le emozioni, come in questo caso specifico.
Il dolore, l’umiliazione, il pianto, come anche la gioia e la lode, non possono essere standardizzate da regole liturgiche fisse senza perdere quella spontaneità che accompagna ogni autentico ritorno a Dio.
IL RISVEGLIO DI ESDRA
Esdra, definito dagli Ebrei d’ogni tempo “il secondo Mosè”, ritornando a Gerusalemme con gli esuli da Babilonia, circa 200 anni dopo Giosia, quale studioso ed amante della Scrittura, iniziò la lettura e l’esposizione pubblica della legge dell’Eterno:”…tutto il popolo si radunò come un sol uomo sulla piazza e … disse a Esdra, lo scriba, che portasse il libro della legge di Mosè che l’Eterno aveva data a Israele. … il sacerdote Esdra portò la legge davanti alla raunanza, composta d’uomini, di donne e di tutti quelli ch’eran capaci d’intendere. … Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava in luogo più eminente; e, com’ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse l’Eterno, l’Iddio grande, e tutto il popolo rispose: ‘Amen, amen’, alzando le mani; e s’inchinarono, e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi all’Eterno. … (I Leviti; N.d.A.) … leggevano nel libro della legge di Dio di-stintamente; e ne davano il senso, per far capire al popolo quel che s’andava leggendo. Nehemia, …Esdra, … e i Leviti … dissero a tutto il popolo: ‘Questo giorno è consacrato all’Eterno, al vostro Dio; non fate cordoglio e non piangete!’ Poiché tutto il popolo piangeva, ascoltando le parole della legge” (Nehemia 8:1, 2, 5, 6, 8, 9). Questo testo ancora una volta rende evidente che “menti illuminate” e “cuori ardenti” non sono in antitesi, ma possono motivare modi diversi di esprimere la partecipazione totale della personalità del credente che si dispone ad adorare Dio “… in ispirito e verità” (Giovanni 4:24). Veniamo ora al Nuovo Testamento. “Menti illuminate” e “cuori ardenti” non sono due fazioni in antitesi. Gesù stesso, nel ripetere la somma della legge, cita quanto era già scritto in Deuteronomio 6:5: “ama dunque il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta l’anima tua e con tutta la mente tua e con tutta la forza tua. … Ama il tuo prossimo come te stesso. …” (Marco 12:30, 31). Ancora una volta sono elencate le parti della personalità umana: cuore, anima e mente, che, insieme all’energia del corpo fisico, devono essere consacrate a Dio con amore profondo.
Inoltre, il richiamo di Gesù: “Iddio è spirito; e quelli che l’adorano, bisogna che l’adorino in ispirito e verità” (Giovanni 4:24), non ha forse lo scopo di ricordare che la vera adorazione a Dio coinvolge totalmente il raziocinio: pensieri, intelligenza e immaginazione, ed i sentimenti: emozioni, affetti e desideri?
LA CHIESA DELL’ERA APOSTOLICA
Il culto cristiano nella chiesa dell’era apostolica rivela chiaramente la partecipazione totale di “menti illuminate” e “cuori ardenti”. Nel giorno della pentecoste, l’attitudine di quanti ascoltavano la prima proclamazione del messaggio cristiano nella sua interezza è una chiara illustrazione di questa realtà: “Or essi, udite queste cose, furon compunti nel cuore, e dissero a Pietro e agli altri apostoli: Fratelli, che dobbiam fare?” (Atti 2:37).
Quei primi ascoltatori videro la propria mente illuminata dalla Parola di Dio, che li raggiunse nei sentimenti più profondi e li spinse alla conversione. Degli stessi, in seguito, è detto:”… tutti quelli che credevano erano insieme, ed aveano ogni cosa in comune; … di pari consentimento assidui al tempio, e rompendo il pane nelle case, prendevano il loro cibo assieme con letizia e semplicità di cuore, lodando Iddio, …” (vv. 44-46, 47) altro che frattura insanabile fra dottrina ed emotività! La Chiesa dell’era apostolica era composta da credenti che potevano esprimere liberamente i propri sentimenti verso Dio senza tema di essere sospettati di un comportamento eccessivamente emotivo.
Nel libro degli Atti si possono trovare moltissimi altri casi che testimoniano di questa perfetta armonia fra raziocinio e sentimenti. Naturalmente è sempre esistito e sempre vi sarà il pericolo di cadere negli eccessi, che invece di edificare possono disturbare non soltanto le persone riservate e silenziose, ma anche quelle più espansive. La prima tentazione sarebbe di stabilire delle precise ed invalicabili regole liturgiche del culto, le quali però soffocherebbero la spontaneità dei credenti nell’adorazione e riprodurrebbero quell’incomunicabilità e freddezza che sono il male più comune della nostra società così tecnologicamente avanzata.
DUE PRINCIPI
La Bibbia, però, unica nostra regola di fede e di condotta, ci viene in aiuto per creare un mirabile equilibrio con almeno due principi. Il primo:”… Dio non è un Dio di confusione, ma di pace. … ogni cosa sia fatta con decoro e con ordine” (I Corinzi 14:33, 40); questo principio non vuole sopprimere la libera espressione del credente, ma ha lo scopo di ricordargli il dovere verso il proprio fratello, tant’è vero che è scritto: “… non impedite il parlare in altre lingue” (I Corinzi 14:39). Dopo questa clausola, però, troviamo: “e se non v’è chi interpreti, si tacciano nella chiesa e parlino a se stessi e a Dio” (I Corinzi 14:28). ll secondo principio riguarda la presidenza delle riunioni: “… chi presiede, lo faccia con diligenza; …” (Romani 12:8); ciò non vuol dire “soffocare lo Spirito” ma, nell’ambito dell’ordine dinamico del culto, consentire la viva partecipazione di tutti i credenti. L’apostolo Paolo, ispirato dallo Spirito Santo, scriveva ai cristiani di Corinto che anche l’estraneo “… gettandosi giù con la faccia a terra, adorerà Dio, proclamando che Dio è veramente fra voi” (I Corinzi 14:25). Ad un culto freddo e cerebrale che manifesti uno sterile intellettualismo e ad un altro totalmente disordinato con insensate manifesta-zioni emotive, come cristiani evangelici di fede pentecostale, preferiamo il modello biblico di un culto che esalti Cristo, Unico, Vivente Signore della Chiesa, dove cristiani dalle “menti illuminate” e dai “cuori ardenti” ascoltino l’annuncio di tutto l’Evangelo.