Dio “si arrese…“, un’espressione che se letta superficialmente può suscitare una certa perplessità: come può Dio arrendersi?
Infatti, arrendersi significa consegnarsi al nemico, darsi per vinto, cedere, piegarsi al potere di un altro. Tuttavia, quando leggiamo che Dio si arrese alle preghiere non significa che, non potendo più competere, dovette dichiarare la Sua sconfitta, giacché Egli è l’Onnipotente, il Creatore del cielo e della terra, nessuno può competere con la Sua potenza: “Da te provengono la ricchezza e la gloria; tu signoreggi su tutto; in tua mano sono la forza e la potenza, e sta in tuo potere il far grande e il rendere forte ogni cosa ” (I Cronache 29:12).
Che cosa dobbiamo intendere quando leggiamo che Dio Si “arrende”? In che senso Egli “cede”? Il re giudeo Manasse, del quale si parla nel brano biblico di II Cronache 33, rivolse le sue preghiere a Dio dopo aver fatto ciò che è male ai Suoi occhi ed essersi abbandonato interamente all’idolatria, alla magia, agli incantesimi, alla stregoneria, tutte cose in netto contrasto con la divina volontà (cfr. “Non si trovi in mezzo a te … chi esercita la divinazione, né astrologo, né chi predice il futuro, né mago, né incantatore, né chi consulta gli spiriti, ne chi dice la fortuna, né negromante, perché il Signore detesta chiunque fa queste cose…” Deuteronomio 18:10-12).
Manasse aveva peccato in molti modi, provocando il Signore, e nel suo sviamento aveva trascinato anche il popolo. In considerazione di tutto questo, la domanda si rafforza: “Come può Dio arrendersi davanti a un tale uomo?”. Un’altra traduzione possibile dell’espressione “Dio si arrese” è “fu placato inverso lui” (versione Diodati). Questo significa che Dio non fu debole, ma al contrario che decise di perdonarlo: tutti quelli che vanno a Dio e riconoscono il proprio peccato scoprono che Egli è misericordioso e pronto a perdonare. Il pubblicano della parabola di Gesù, ossia una persona che apparteneva ad una categoria considerata disonesta “… se ne stava a distanza e non osava neppure alzare gli occhi al cielo; ma si batteva il petto dicendo: ‘O Dio, abbi pietà di me, peccatore!” (Luca 18:13). Come possiamo realizzare tutta la potenza del perdono di Dio? Come possiamo fare perché Dio “ceda” e si “arrenda” alle nostre suppliche?
Egli “cede” con chi cede
Quando il re Manasse “fu angosciato, implorò il Signore…” (II Cronache 33:12). Non riceverà nulla quel tale che va al Signore presentando se stesso, la sua giustizia, i suoi meriti, che oppone resistenza, non cede, non si arrende, non si sottomette a Dio. Molti al contrario, si propongono davanti a Dio come se Egli dovesse loro qualcosa: “Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede, e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti” (Efesini 2:8-9). L’uomo che cede e, nella sua personale “angoscia”, implora Dio, chiede grazia e aiuto supplicando, piangendo, lo troverà perché l’avrà cercato con tutto il cuore: “Quest’afflitto ha gridato, e il Signore l’ha esaudito; l’ha salvato da tutte le sue disgrazie” (Salmo 34:6).
Cedere davanti a Dio significa essere disposti a sottomettersi alla Sua volontà, a quanto Egli comanda nella Sua Parola. Questo fu quel che fece Manasse subito dopo aver ricevuto il perdono divino. Dio non può manifestare la Sua grazia, il Suo perdono verso chi non ha alcuna intenzione di ubbidire alla Sua voce; viceversa il Suo sguardo amorevole sarà su colui che, angosciato, implora: “… Ecco su chi io poserò lo sguardo: su colui che è umile, che ha lo spirito afflitto e trema alla mia parola” (Isaia 66:2).
Egli “cede” con chi si umilia
“…si umiliò profondamente davanti al Dio dei suoi padri” (II Cronache 33:12).
Dio non vuole umiliarci, ma ci vuole umili! Umile è colui che riconosce chi è Dio e chi invece lui stesso, chi è consapevole dei propri limiti, non si inorgoglisce e frena ogni moto di superbia: “Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, affinché egli vi innalzi a suo tempo” (I Pietro 5:6). Occorre umiliarsi davanti a Dio in modo profondo, mettere completamente da parte il proprio orgoglio, non sentirsi meglio degli altri, ma credere nella Parola di Dio quando afferma che “tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio” (Romani 3:23). La Bibbia narra che dopo Manasse il regno fu dato a suo figlio Amon, il quale fece nuovamente quel che è male agli occhi di Dio, ma “…non si umiliò davanti al Signore, come si era umiliato Manasse suo padre; anzi Amon si rese sempre più colpevole” (II Cronache 33:23).
Chi pensa di meritare qualcosa da Dio, non riceverà nulla, che invece confessa la propria indegnità riceverà una benedizione abbondante. Chi si accosta a Dio deve essere consapevole che Egli ascolta gli uomini, li soccorre, li innalza, li onora, ed essi ricevono grazia. L’umiltà produce ricchezza, gloria e vita: “il frutto dell’umiltà e del timore del Signore è ricchezza, gloria e vita” (Proverbi 22:4).
Egli “cede” con chi lo prega
“a lui rivolse le sue preghiere…” (II Cronache 33:12).
Quando Manasse si rese conto del proprio peccato, si rivolse al Signore e non a un uomo, fu consapevole che Dio non ha bisogno di intermediari, che è pronto a fare del bene a chi confida il proprio bisogno a Lui, e a Lui solo. Dio è buono, grande in benignità, ha manifestato il Suo grande amore e “…non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per noi tutti, non ci donerà forse anche tutte le cose con lui?” (Romani 8:32). Perciò, tutti quelli che vanno a Lui, e Lo pregano, poggiandosi fiduciosamente sul Suo amore e sulla Sua compassione, scopriranno di essere accolti, ascoltati, amati. Manasse realizzò tutto questo, possa farlo ciascuno di noi. Dio ascoltò la sua preghiera ed egli scoprì un aspetto di Dio che prima non conosceva: prima conosceva la giustizia divina, ciò che Dio gradisce e non gradisce, ma poi, dopo averLo pregato, sperimentò quel che Dio stesso dice: “…torna, o infedele…io non vi mostrerò un viso accigliato, poiché io sono misericordioso… e non serbo l’ira per sempre” (Geremia 3:12).
Dio è pronto a “cedere” quando chi si accosta a Lui in preghiera è disposto a credere che Egli può ogni cosa, “…poiché chi si accosta a Dio deve credere che egli è, e che ricompensa tutti quelli che lo cercano” (Ebrei 11:6). Nonostante ogni uomo sia un indegno peccatore, proprio come Manasse, Dio, che è amore, è pronto ancora oggi ad “arrendersi”, a “cedere” a chi cede davanti alla Sua gloria, a chi si umilia al Suo cospetto, a chi Lo prega fiducioso della Sua risposta.