La storia biblica narrata in questo capitolo della Scrittura ci presenta un giovane egiziano abbandonato e morente che, improvvisamente, per grazia divina diventa uno strumento utile nelle mani del suo nuovo signore. Dio non ha riguardi personali, e nella Sua onniscienza sceglie “…le cose pazze del mondo per svergognare i sapienti … e le cose deboli… per svergognare le forti” (I Corinzi 1:27). Dio può usarsi di noi solamente se ci abbandoniamo nelle Sue provvide mani.
La voce vibrante di Giacomo tuona ancora nelle nostre orecchie: “Avvicinatevi a Dio, ed Egli si avvicinerà a voi. Pulite le vostre mani, o peccatori; e purificate i vostri cuori, o doppi d’animo” (Giacomo 4:8). Il nostro servizio può essere gradito a Dio e produrre edificazione per la Chiesa soltanto se il nostro cuore è stato affidato completamente al Signore della gloria. Ecco perché questo racconto biblico, che vede protagonista questo giovane egiziano, può essere paragonato alla nostra esperienza di salvezza ottenuta per grazia mediante la fede in Cristo Gesù il Signore, ancora oggi dono prezioso offerto da Dio agli uomini.

Un ragazzo schiavo è liberato

La sua era una condizione spregevole e la sua storia può essere paragonata a quella del popolo d’Israele liberato dalla schiavitù d’Egitto, condotto nel paese promesso e santificato unicamente all’Iddio vivente e vero.
Notiamo in primo luogo l’invito di Davide: “A chi appartieni? Di dove sei? …”. Questa domanda è un appello divino per quel giovane ad aprirsi e confessare la sua vera identità. Quel giovane avrebbe potuto nascondersi ma non lo fece, anzi si aprì completamente a Davide. Continuiamo a rispondere all’invito di Dio che ci viene rivolto ogni giorno mediante la Sua divina Parola, senza nasconderci da Lui. Apriamoci al Signore, permettiamo all’Iddio Onnipotente di rivolgerci delle domande, alle quali vogliamo rispondere senza esitare.
In secondo luogo consideriamo la sua posizione: “…servo di un Amalekita …”. Egli era uno schiavo, un ragazzo soggetto alla volontà altrui, non era libero né di scegliere né di deliberare qualcosa per la sua vita.  Questa è la condizione di quanti non conoscono ancora Cristo come personale Salvatore e Liberatore; infatti, dopo la salvezza si diventa per grazia figli di Dio (Cfr. I Giovanni 3:1-10), passando dalla schiavitù del peccato alla completa libertà dei figli di Dio. Gesù disse: “…In verità, in verità vi dico che chi commette il peccato è schiavo del peccato… Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete veramente liberi” (Giovanni 8:34, 36).
In terzo luogo, la sua condizione: … il mio padrone mi ha abbandonato perché tre giorni fa mi ammalai”. Era infermo, gravemente ammalato e per questo motivo fu abbandonato dal suo signore. Il nostro Gesù è Colui che libera l’anima nostra dalla morte, dal dolore della sofferenza e del peccato. La Scrittura, infatti, dice: “…‘La tua ferita è incurabile, la tua piaga è grave… il tuo dolore è insanabile… Ma io medicherò le tue ferite, ti guarirò dalle tue piaghe’, dice il Signore” (Geremia 30:12, 15, 17).
Infine, la sua confessione: “… Sono un giovane egiziano …”. Egli non negò, ma confessò. Oggi, molte persone cercano di camuffare il peccato, di simulare una vita cristiana, ma in realtà sono ancora “egiziani”, cioè appartenenti al mondo, legate alle cose vane della terra. La trasparenza del cuore, la totale confessione del nostro stato spirituale, permette a Dio di operare meravigliosamente. Se non hai ancora realizzato Cristo nella tua vita, confessa oggi, non negare di essere “un egiziano” e la Sua grazia sarà riversata sul tuo cuore diventando, per miracolo, un Suo figlio. La preghiera del pubblicano possa quest’oggi diventare la nostra: “…O Dio, abbi pietà di me, peccatore!” (Luca 18:13).

Un ragazzo liberato è protetto

L’Evangelo ci rende veramente liberi. Questa libertà fa di noi “credenti protetti” dalla presenza del Signore.
È una protezione sicura: “…Giurami per il nome di Dio che non mi ucciderai…”. Quel ragazzo egiziano comprendeva che Davide era un uomo di cui fidarsi e su cui poter contare per ricevere protezione certa. Gesù è la nostra “Rocca eterna”, noi siamo parte del Suo popolo che Egli protegge miracolosamente: “…Chi tocca voi, tocca la pupilla dell’occhio suo (Zaccaria 2:8). La protezione di Dio è anche costante: “E non mi darai nelle mani del mio padrone…”. Questa protezione che l’egiziano cercava non doveva essere soltanto per un tempo, ma duratura negli anni. Questo è il tipo di difesa che Dio concede ai Suoi figli. La protezione di Cristo infonde pace anche dove si svolge la battaglia più cruenta, soltanto se, come il salmista rimaniamo sotto le Sue ali: “Chi abita al riparo dell’Altissimo riposa all’ombra dell’onnipotente. Io dico al Signore: ‘Tu sei il mio rifugio e la mia fortezza… ’” (Salmo 91:1).

Un ragazzo protetto è santificato

“E quando egli l’ebbe condotto là…”. La vita nuova in Cristo e la costante ricerca  di una vita pura farà di noi: “…un vaso nobile, santificato, utile al servizio del padrone, preparato per ogni opera buona” (II Timoteo 2:21). La santificazione per molti credenti sembra essere un argomento a tinte tenebrose dal quale fuggire prima possibile. La santificazione è semplicemente quel processo di separazione dal peccato che avviene nella vita del credente al fine di servire ed onorare il Signore. Al momento della confessione siamo, infatti, passati da uno stato di peccato ad uno stato di santità (cfr. I Corinzi 6:10, 11) che si sviluppa, poi, progressivamente e si manifesta costantemente nella vita del cristiano, crescendo all’immagine di Cristo. Vi sono alcuni fattori che concorrono alla nostra santificazione. Innanzi tutto la grazia di Dio che ci insegna a rinunciare all’empietà e alle passioni mondane, per vivere in questo mondo moderatamente, giustamente e in modo santo” (Tito 2:12); poi v’è la potenza del sangue di Gesù, cioè della Sua opera sulla croce, “…che ci purifica da ogni peccato” (I Giovanni 1:7); v’è anche la benedetta azione dello Spirito Santo dentro i nostri cuori che ci conduce quotidianamente: tutti quelli che sono guidati dallo spirito di Dio, sono figli di Dio ” (Romani 8:14); e, infine, abbiamo la preziosa Parola di Dio che ancora oggi è potente da santificare, purificare e lavare la Sua Chiesa  “per farla comparire davanti a sé, gloriosa, senza macchia, senza ruga o altri simili difetti, ma santa e irreprensibile” (Efesini 5:27).
In un mondo religioso pieno di esperienze leggere, frivole e superficiali, vogliamo continuare a chiedere al Signore di farci vedere ancora miracoli straordinari di persone realmente trasformate dalla Sua grazia. Il nostro vivo desiderio non è quello di vedere le nostre comunità locali piene di persone, ma piuttosto di vite trasformate dalla potenza della Parola di Dio.
L’esperienza di questo giovane egiziano può diventare anche la tua: apri il tuo cuore al Signore, confessa il tuo peccato ed Egli ti toccherà nell’interiore, guarirà ogni tua ferita e farà di te una nuova creatura, si userà del tuo piccolo ma efficace servizio per la conquista di altre anime preziose da portare ai suoi piedi.

Gioacchino Caltagirone